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26 Aprile 2021

Il 25 aprile a Bracciano – La storia siamo noi, siamo noi padri e figli, siamo noi bella ciao che partiamo…

25 aprile - anniversario della liberazione ANPI - copertina

Ieri pomeriggio in Piazza IV Novembre, e in diretta facebook, si è tenuta l’iniziativa promossa dall’ANPI Bracciano per celebrare il 25 aprile, Festa della Liberazione.

E’ stato un momento molto intenso, durante il quale si sono alternati interventi e letture da parte dei rappresentanti delle associazioni e dei partiti che hanno aderito all’iniziativa, per ricordare le donne e gli uomini che hanno combattuto per la liberazione il 25 aprile 1945 dell’Italia dall’orrore fascista.

A fare da colonna sonora c’era Generazione Musica, che ci ha emozionato con “La storia siamo noi”, “Viva L’Italia”, “La guerra di Piero”, “Bella Ciao”.

Nel rispetto delle norme anticovid i partecipanti sono stati pochi e distanziati, ma è stato un bel colpo d’occhio che fa ben sperare nel futuro, soprattutto per la presenza di giovani impegnati.

Letture per commemorare il 25 aprile

In rappresentanza del Partito Democratico di Bracciano, che ha aderito all’iniziativa, erano presenti Chiara Mango e Ida Maria Nesi le quali, sono rispettivamente intervenute con le seguenti letture:

“Cari Amici,
Vi vorrei confessare innanzi tutto, che tre volte ho strappato e scritto questa lettera. L’avevo iniziata con uno sguardo in giro, con un sincero rimpianto per le rovine che ci circondano, ma, nel passare da questo argomento di cui desidero parlarvi, temevo di apparire “falso”, di inzuccherare con un patetico preambolo una pillola propagandistica. E questa parola temo come un’offesa immeritata: non si tratta di propaganda ma di un esame che vorrei fare con voi. Invece dobbiamo guardare ed esaminare insieme: che cosa? Noi stessi. Per abituarci a vedere in noi la parte di responsabilità che abbiamo dei nostri mali. Per riconoscere quanto da parte nostra si è fatto, per giungere ove siamo giunti. Non voglio sembrarvi un Savonarola che richiami il flagello. Vorrei che con me conveniste quanto ci sentiamo impreparati, e gravati di recenti errori, e pensassimo al fatto che tutto noi dobbiamo rifare.Tutto dalle case alle ferrovie, dai porti alle centrali elettriche, dall’industria ai campi di grano.Ma soprattutto, vedete, dobbiamo fare noi stessi: è la premessa per tutto il resto. Mi chiederete: perché rifare noi stessi, in che senso? Ecco per esempio, quanti di noi sperano nella fine di questi casi tremendi, per iniziare una laboriosa e quieta vita, dedicata alla famiglia e al lavoro? Benissimo: è un sentimento generale, diffuso e soddisfacente. Ma, credo, lavorare non basterà; e nel desiderio invincibile di “quiete”, anche se laboriosa è il segno dell’errore. Perché in questo bisogno di quiete è il tentativo di allontanarsi il più possibile da ogni manifestazione politica. È il tremendo, il più terribile, credetemi, risultato di un’opera di diseducazione ventennale, di diseducazione o di educazione negativa, che martellando per vent’anni da ogni lato è riuscita ad inchiodare in molti di noi dei pregiudizi. Fondamentale quello della “sporcizia” della politica, che mi sembra sia stato ispirato per due vie. Tutti i giorni ci hanno detto che la politica è un lavoro di “specialisti”. Duro lavoro, che ha le sue esigenze: e queste esigenze, come ogni giorno si vedeva, erano stranamente consimili a quelle che stanno alla base dell’opera di qualunque ladro.
Teoria e pratica concorsero a distoglierci e ad allontanarci da ogni attività politica. Comodo, eh? Lasciate fare a chi può e deve; voi lavorate e credete, questo dicevano: e quello che facevano lo vediamo ora, che nella vita politica – se vita politica vuol dire soprattutto diretta partecipazione ai casi nostri – ci siamo stati scaraventati dagli eventi. Qui sta la nostra colpa, io credo: come mai, noi italiani, con tanti secoli di esperienza, usciti da un meraviglioso processo di liberazione, in cui non altri che i nostri nonni dettero prova di qualità uniche in Europa, di un attaccamento alla cosa pubblica, il che vuol dire a sé stessi, senza esempio forse, abbiamo abdicato, lasciato ogni diritto, di fronte a qualche vacua, rimbombante parola? Che cosa abbiamo creduto? Creduto grazie al cielo niente ma in ogni modo ci siamo lasciati strappare di mano tutto, da una minoranza inadeguata, moralmente e intellettualmente.

Questa ci ha depredato, buttato in un’avventura senza fine; e questo è il lato più “roseo”, io credo: Il brutto è che le parole e gli atti di quella minoranza hanno intaccato la posizione morale; la mentalità di molti di noi. Credetemi, la “cosa pubblica” è noi stessi: ciò che ci lega ad essa non è un luogo comune, una parola grossa e vuota, come “patriottismo
Al di là di ogni retorica, constatiamo come la cosa pubblica sia noi stessi, la nostra famiglia, il nostro lavoro, il nostro mondo, insomma, che ogni sua sciagura è sciagura nostra, come ora soffriamo per l’estrema miseria in cui il nostro paese è caduto: se lo avessimo sempre tenuto presente, come sarebbe successo questo?  se ragioniamo, il nostro interesse e quello della “cosa pubblica”, insomma, finiscono per coincidere.

Appunto per questo dobbiamo curarla direttamente, personalmente, come il nostro lavoro più delicato e importante. Perché da questo dipendono tutti gli altri, le condizioni di tutti gli altri. Se non ci appassionassimo a questo, se noi non lo trattiamo a fondo, specialmente oggi, quella ripresa che speriamo, a cui tenacemente ci attacchiamo, sarà impossibile. Per questo dobbiamo prepararci. Può anche bastare, sapete, che con calma, cominciamo a guardare in noi, e ad esprimere desideri. Come vorremmo vivere, domani? No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere! Ricordate, siete uomini, avete il dovere se il vostro istinto non vi spinge ad esercitare il diritto, di badare ai vostri interessi, di badare a quelli dei vostri figli, dei vostri cari.  Dovete convincervi, e prepararvi a convincere, non a sopraffare gli altri, ma neppure a rinunciare.

Oggi bisogna combattere contro l’oppressore. Questo è il primo dovere per noi tutti: ma è bene prepararsi a risolvere quei problemi in modo duraturo, e che eviti il risorgere di essi ed il ripetersi di tutto quanto si è abbattuto su di noi.

Termino questa lunga lettera un po’ confusa, lo so, ma spontanea, scusandomi ed augurandoci buon lavoro.”

Giacomo Ulivi(29.10.1925-10.11.1944), antifascista, partigiano, viene fucilato a Modena dai fascisti. Sua ultima testimonianza, questa “Lettera agli amici

“Ora papà mi stringe forte la mano. Sono rimasto solo io, con lui. Gli hanno portato via Lucia, la sua figlia grande e adorata. Sento la sua presa forte, mi rassicura. Ma i nazisti ci stanno dividendo ancora. Gli anziani, i bambini, i più mingherlini vengono messi da una parte. Vedo una ragazza di Rodi, avrà vent’anni, che ha al collo un neonato. Glielo strappano, lo tirano in mezzo al gruppo degli anziani. Qualcuno lo prende, per salvarlo, e io sento le grida di quella donna. Chissà quanti sogni avrà fatto per il figlio, quando è nato e gli ha dato un nome. Non riuscirò a dimenticare mai queste grida, il dolore, lo strazio che contengono.”

tratto da “Tana Libera Tutti” di Walter Veltroni.

Galleria immagini evento

Grazie a Dario Cavinato e a Luca Ianniello per l’organizzazione e a tutti i partecipanti.

Con l’auspicio che possa diventare un appuntamento fisso e che il prossimo anno si possa celebrare in una piazza piena.

Il 25 aprile è patrimonio di tutti. Viva l’Italia libera e antifascista.

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